Slidell tornò dopo una decina di minuti, puzzolente di Camel, d'ascella e di capelli sudati.

«Ho trovato i verbali di Cagle.»

«Ah sì?»

Slidell si avvicinò, investendomi con l'alito di sigaretta.

«Ma la consulenza sullo scheletro di Lancaster non c'è.»

«E se il nostro piccolo Wally l'avesse archiviato nel posto sbagliato?» domandò Slidell.

«Non mi sembra molto probabile, ma continui a cercarlo.»

Slidell riprese a sbattere cassetti.

Io tornai alla scrivania e studiai la bacheca. Come la signora Flowers, Wally Cagle amava gli spazi equidistanti e gli angoli di novanta gradi.

Una cartolina spedita da qualcuno di nome Gene. Polaroid scattate a un sito archeologico. Tre fotografie di un gatto. Un tabulato di nomi seguiti dagli interni a quattro cifre dell'università.

Al centro del tabellone spiccava un elenco di scadenze affiancato da una colonna di date. Quelle precedenti al giovedì erano state cancellate con una riga.

«Venga a vedere» dissi.

Slidell si avvicinò.

Gli indicai una voce tra quelle ancora in sospeso.

PRENDERE FOTO E CONSULENZA PER BRENNAN.

«No, non ditemi che usa il righello per cancellare le cose. Gesù mio, questo tizio è un maniaco.»

«Non è questo il punto. Anche se la segretaria non l'ha visto, Cagle dev'essere stato qui non più tardi di giovedì scorso. Ma il fatto che quella voce non sia stata cancellata, vuol dire che non ha mai preso il fascicolo? Oppure che l'ha preso, e poi ha dimenticato di spedire il materiale?»

«Si direbbe che il nostro piccolo Wally non vada nemmeno al cesso senza scriverlo sul promemoria e cancellarlo con una riga.»

«Forse è stato interrotto» suggerii.

«Forse.»

«O forse il fascicolo è stato preso da qualcun altro.»

«E da chi?» La voce di Slidell trasudava scetticismo.

«Non lo so.»

«Chi altri poteva sapere che questo accidenti di verbale esisteva?»

«Lo studente laureando di Cagle, no?» dissi stizzita. L'atteggiamento di Slidell mi rendeva sgarbata. «Gli aveva letto parte della consulenza al telefono.»

«Forse Cagle ha portato via il fascicolo perché ha un computer anche a casa.»

«Forse.»

«Ma non le ha mai mandato il verbale.»

Bene, Skinny. Passiamo ad affermare le cose ovvie.

«Né le fotografie.»

«Niente.»

Slidell si aggiustò i pantaloni. Che scivolarono ancora nella nicchia sotto la ruota di scorta che aveva al posto della pancia.

«E allora, dove diavolo è finito questo verbale?»

«Domanda acuta.»

«E dove diavolo è finito il nostro bravo professore?»

«Eccone un'altra.»

Iniziavo ad avere un brutto presentimento sulle condizioni di Cagle.

Il mio sguardo si spostò sul computer e sullo scanner lì a fianco.

Slidell si avvicinò alla scrivania e premette il pulsante per accenderlo. Mentre la CPU iniziava a fare il suo lavoro, la debuttante texana comparve sulla porta.

«Che cosa credete di fare, voi due?»

«Ho trovato la documentazione dei casi del dottor Cagle, ma quella che mi interessava non c'è.»

«Quindi avete intenzione di usare il suo computer.»

«Potrebbe dirci se le fotografie sono state scannerizzate.»

Come se stesse ascoltando, la CPU produsse un bip e sul monitor comparve la richiesta della password.

«Lei la conosce?» domandai alla debuttante.

«Non rivelerei mai una password.» Mi rispose come se le avessi chiesto il codice segreto del bancomat. «E poi, no, non la conosco.»

«Qualcun altro utilizza questo computer?»

«Gene Rudin.»

«Lo studente laureando del dottor Cagle?»

La debuttante texana annuì. Non un capello si mosse.

«Gene starà in Florida fino all'inizio del semestre autunnale. È partito venerdì.»

Una lunga unghia laccata indicò il computer.

«Ma lo scanner non funziona. Ho inoltrato la richiesta di manutenzione al servizio informatico da almeno due settimane.»

Slidell e io ci scambiammo un'occhiata. E adesso?

«Il dottor Cagle per caso le aveva chiesto di mandare qualche fax la settimana scorsa?» domandai.

Le mani laccate scomparvero tra le braccia conserte, un fianco si sporse, un piede con sandalo venne avanti. Le unghie dei piedi erano laccate dello stesso rosso acceso di quelle delle mani.

«Le ho già detto che la settimana scorsa non ho visto il dottor Cagle. E a parte questo, forse non vi rendete conto di quante facoltà sono responsabile. Né quanti studenti di ogni grado, visitatori, rappresentanti di case editrici e quant'altro transitano per il mio ufficio.» Immaginai che io e Slidell rientrassimo nei quant'altro. «Diamine, sono io che mi occupo di seguire la metà degli studenti della facoltà.»

«Non dev'essere facile» dissi.

«Spedire i fax non rientra nelle mie mansioni.»

«Ogni giorno devono esserci molti visitatori.»

«Abbastanza.»

«Il dottor Cagle ha ricevuto chiamate da persone non abituali la settimana scorsa?»

«Non sarebbe da me dire una cosa del genere.»

Che diavolo voleva dire quella risposta?

«Il dottor Cagle ha ricevuto qualche visitatore, la settimana scorsa?»

Ci fu una lunga pausa, durante la quale la segretaria scelse con cura le sue parole.

«Io non sono d'accordo con lo stile di vita alternativo del dottor Cagle. Ma è una cara persona, e non intendo questionare sulle sue compagnie.»

«Qualcuno è venuto a trovare Cagle?» chiese Slidell brusco.

Un sopracciglio della debuttante schizzò verso l'alto. «Non c'è bisogno di essere cafoni, agente.»

Slidell aprì la bocca, ma io lo anticipai.

«Quindi lei non conosceva il visitatore del dottor Cagle?»

La debuttante scosse la testa.

«Che cosa voleva?»

«Quella persona ha chiesto del dottor Cagle. Io l'ho informato che il professore era fuori città.» La debuttante scrollò la spalla lentigginosa. «E lui è andato via.»

«Potrebbe descriverlo?» Slidell.

«Aveva i capelli neri. Tanti. Molto lucidi e folti.»

«Età?»

«Non era di primo pelo, questo si vedeva.»

«Occhiali? Barba o baffi?» chiese Slidell, sbrigativo.

«Agente, non sia così pressante, per cortesia.»

La debuttante si tolse un inesistente pelucco dalla gonna; un modo per rallentare il ritmo dell'interrogatorio.

«Niente baffi e niente barba, no.»

«Riesce a ricordare qualcosa di quell'uomo?» domandai.

«Portava degli occhiali da sole molto strani, così non ho potuto vedergli gli occhi.»

«Allora, che cosa ha visto di preciso, quando l'ha guardato in faccia?» domandò Slidell, tagliente.

«Me stessa.» La debuttante sbatté una chiave sul ripiano della scrivania. «Questa apre gli armadietti a parete. Passate da me prima di lasciare l'edificio.»

Slidell e io passammo i successivi quaranta minuti a controllare tutti gli armadietti, cassetti e scaffali ancora chiusi. Non trovammo nulla sullo scheletro di Lancaster, e niente che indicasse dove poteva essere finito Cagle.

Frustrata, tornai alla scrivania e distrattamente passai le dita sotto il bordo di plastica della cartellina appoggiata al ripiano.

Niente.

Sollevai un angolo e sbirciai sotto.

Trovai un biglietto da visita. Lo raccolsi.

Il logo ricordava un distintivo della polizia. Stavo per leggere le informazioni stampate quando la debuttante/receptionist ricomparve sulla porta, senza fiato per aver fatto le scale di corsa.

«Ho appena parlato con il coinquilino del dottor Cagle.»

In preda all'agitazione, la donna si sventolò la faccia con la mano.

«Il professore è all'ospedale in terapia intensiva, attaccato a un respiratore.»

La debuttante si portò le mani al petto e guardò prima me poi Slidell, con gli occhi spalancati per la preoccupazione.

«Gesù santo, proteggilo. Secondo i medici potrebbe non passare la notte.»

 

25

 

Cagle viveva in una villetta di mattoni in un quartiere di villette di mattoni a poca distanza da Hamilton College. La casa era tinteggiata in lilla, e quattro sedie a dondolo color lilla occupavano perfettamente allineate l'ampia veranda. Il prato era rasato e ogni margine rifilato con precisione militare.

Una vecchia quercia ombreggiava la parte destra della proprietà, e le radici strisciavano a fior di terra come dita gigantesche e contorte in cerca di un appiglio. Una miriade di fiori variopinti si contendevano lo spazio delle aiuole lungo il vialetto e la base della veranda. Via via che ci avvicinavamo alla casa, il profumo delle petunie, delle calendule e di pittura fresca addolciva l'aria calda e umida.

Salendo i gradini della veranda, Slidell indicò un sostegno verde di metallo fissato a un muro. Qualcuno aveva arrotolato il tubo di gomma per innaffiare il giardino in anelli perfettamente identici.

«Sono sicuro che siamo nel posto giusto.»

Suonai il campanello, e dopo qualche secondo la porta si aprì. L'uomo sulla soglia era più giovane di quanto mi aspettassi; i capelli neri erano scolpiti con il gel e allontanati dalla fronte con una fascia elastica. Doveva avere circa trentacinque anni e pesare sui cinquantacinque chili.

«Voi siete gli agenti di Charlotte?»

Slidell si limitò a mostrare il tesserino, senza correggerlo.

«Lawrence Looper.» L'uomo arretrò di qualche passo. «Prego, accomodatevi.»

Entrammo in un piccolo ingresso con un radiatore coperto a sinistra, porte scorrevoli in legno di fronte e un arco aperto a destra. Looper ci condusse oltre l'arco, in un soggiorno dal levigato pavimento in quercia coperto di tappeti e di mobili rustici. Un ventilatore con le pale di legno girava pigramente sul soffitto.

«Prego.» Looper allungò la mano perfettamente curata. «Accomodatevi. Posso portarvi una bevanda fresca?»

Rifiutammo educatamente e ci mettemmo a sedere ai due angoli del divano. La stanza profumava di deodorante artificiale, del tipo che si inserisce nella presa di corrente.

Looper sollevò un poggiapiedi, lo posò accanto alla parete, valutò la collocazione, gli cambiò posto.

Soddisfatto del risultato, Looper si sedette sulla poltrona di fronte a noi.

«Caspita. Dolores è davvero arrabbiata con me. E tutto sommato penso ne abbia anche diritto.»

«Immagino stia parlando di Miss Bellezza del Sud dell'università.» Slidell.

«Hmm. Avrei dovuto chiamarla dopo che Wally si è sentito male, ma...» Looper accavallò le gambe e fece dondolare gli infradito producendo un rumorino ritmico e secco «... ma non l'ho fatto.»

«E come mai?» Il tono di Slidell era deciso.

«Dolores non mi piace.»

«E come mai non le piace?»

Looper guardò Slidell negli occhi. «Perché io non piaccio a lei.»

La caviglia si mosse diverse volte.

«E Wally vuole che nessuno sia informato, quando sta poco bene. Ha...» Looper esitò «... ha dei piccoli disturbi.» Rumorino di infradito. «Il professore non ama fare pubblicità al suo stato di salute, così non mi sono sentito autorizzato a raccontare ai quattro venti che si era sentito male. Ho pensato che lui avrebbe preferito così.»

Rumorino.

«Ma poi, quando voi siete andati all'università, e Dolores ha chiamato, be'... non potevo mentire. Non avrebbe avuto senso.»

«Per favore, ci racconti che cosa è successo» dissi.

«Non c'è molto da raccontare. Giovedì sera sono rientrato a casa, e ho trovato Wally raggomitolato sul pavimento del bagno.»

Una mano si alzò e un dito indicò verso un secondo arco perpendicolare a quello che immetteva nel soggiorno.

«Là dentro. Non riusciva a respirare, aveva la faccia congestionata, non poteva parlare. Ma sono riuscito a fargli dire che si sentiva stringere il petto. Il che mi ha fatto morire di paura. E poi ho visto che aveva rimesso.»

La mano svolazzò al petto di Looper.

«Allora, l'ho messo in macchina, il che - lasciatemelo dire - non è stato affatto semplice, visto che non si reggeva in piedi e continuava a lamentarsi e a dire che stava per morire.»

Mi domandai perché non avesse chiamato un'ambulanza, ma lasciai perdere.

«Quando siamo arrivati al pronto soccorso, ha smesso di respirare.»

Aspettammo che Looper proseguisse. Non lo fece.

«Gli hanno messo il respiratore?» lo sollecitai.

«Ecco... Wally poi ha ripreso a respirare, ma non si è svegliato. Ed è ancora così.»

«È stato un infarto?» domandai con cautela.

«Penso di sì. I medici non mi dicono molto. Sa, io non sono un parente.»

Sopra le nostre teste, il ventilatore ronzava sommessamente. Il profumo artificiale iniziava a diventare stucchevole.

«Wally e io stiamo insieme da tanto tempo. E spero tanto che ce la faccia.» Gli occhi di Looper si erano arrossati.

«Lo spero anch'io. È una cara persona.»

Geniale, Brennan.

Looper intrecciò le dita e prese a giocherellare con i pollici.

«Mi dico che dovrei telefonare alla sorella, ma loro non si sentivano molto spesso. Ma poi penso che da un momento all'altro si sveglierà e chiederà la sua pipa e tutto andrà a posto.»

Looper accavallò di nuovo le gambe e fece dondolare un po' gli infradito.

«Come mai siete venuti qui?»

«Perché ho parlato con il dottor Cagle al telefono giovedì» spiegai. «E lui mi aveva promesso di mandarmi una sua consulenza e le fotografie relative al caso. Ma visto che non ho ancora ricevuto niente, l'investigatore Slidell e io ci siamo chiesti se per caso non avesse portato il materiale a casa, per lavorare qui.»

«Qualche volta è capitato che lavorasse sul portatile. Ma in casa non ho notato niente.»

«Una cartellina? Una busta?»

Looper scosse la testa.

«Una portadocumenti?»

«Wally ha una cartella portadocumenti. La tiene insieme al computer portatile.» Looper si alzò. «Qui a casa non ha il computer da tavolo.» Looper si alzò. «Vado a dare un'occhiata in camera sua.»

Slidell si alzò a sua volta, e lo fermò con un gesto della mano.

«Che ne dite se io vado a dare una sbirciata alla macchina del prof, mentre voi due controllate il suo nido?»

«Come vuole» disse Looper, con un'alzata di spalle.

Looper consegnò a Slidell un mazzo di chiavi e poi si avviò verso la camera da letto. Io lo seguii mentre Slidell uscì dalla porta principale.

Sorpresa! La stanza di Cagle era pulita come uno specchio e ordinata come una parata militare.

La ricerca fu questione di cinque minuti. Non vidi traccia di fascicoli o fotografie da nessuna parte, né dentro l'armadio, né nel cassettone, né sotto il letto. Frustrata, seguii di nuovo Looper in soggiorno.

«Mi faccia capire una cosa» disse Looper, sedendosi in poltrona con un piede sotto il sedere. «Lei ha parlato con Wally giovedì?»

«Sì» risposi. «Era a Beaufort.»

«Stava tornando solo per portarle questo materiale?»

«No, ha detto che sarebbe dovuto rientrare in ogni caso.»

«Mah.»

Dopo poco Slidell ci raggiunse, scuotendo la testa.

«Questo la sorprende, signor Looper?» domandai.

«Durante l'estate, Wally non rientra mai a Columbia di giovedì. Rimane sempre agli scavi fino al venerdì. Ecco perché ero così stupito di trovarlo qui.»

«Lei non ha idea del motivo per cui potrebbe essere rientrato prima?»

Looper distese la gamba piegata e la accavallò sull'altra, quindi fece dondolare gli infradito diverse volte, flettendo la caviglia più nervosamente di prima.

«Io sono stato fuori città per tutta la settimana.»

«E come mai?» Slidell.

«Sono nelle vendite.»

«Che cosa vende, signor Looper?»

«Pompe idrauliche. Non dovevo rientrare prima di venerdì, ma il giro dei miei appuntamenti si è concluso prima del previsto.»

«È riuscito a rifilare il pezzo da novanta?»

«Veramente, no.»

«Ha qualche idea sul motivo per cui Wally ha concluso prima la sua settimana di lavoro a Beaufort?» domandai.

Looper scrollò le spalle con disinvoltura, ma il suo viso si irrigidì visibilmente.

«Siamo qui per indagare su un omicidio, signor Looper» dissi per sollecitarlo a parlare.

Profondo sospiro.

«Wally potrebbe aver organizzato un rendez-vous.»

Sospiro ancora più profondo.

«Un convegno segreto.» Pausa. «Alle mie spalle.»

Seguì un lungo silenzio. Perfino Slidell riuscì a capire che non era il caso di interromperlo.

«Wally vedeva qualcuno. Loro non sapevano che io li avevo visti. Però era successo. In un caffè vicino al campus, venerdì scorso.»

«E poi?» Slidell.

«Ci sono cose che si capiscono.» Looper si studiò i piedi nudi.

«In che senso, si capiscono?» Il tono di Slidell era affilato come un rasoio.

«Non aveva l'aria di essere una riunione di lavoro.»

«Perché? Per caso si stavano ten...»

«Potrebbe descriverci questa persona?» mi intromisi.

Looper tirò su col naso; le sue sopracciglia si inarcarono.

«Carino.»

«Potrebbe essere più specifico?»

«Ben piantato, abbronzatura da lampada.»

«Alto?»

«No.»

«Occhiali? Barba o baffi? Tatuaggi?»

Ripetuti cenni negativi della testa.

«Capelli?»

«Hugh Grant con un cachet nero.» Looper tirò ancora su col naso. «Sembrava pronto per un servizio fotografico su "GQ".»

Looper alzò gli occhi al soffitto con un'eloquenza che avrebbe fatto scomparire perfino Katy. Quindi riaccavallò le gambe e riprese a tamburellare i pollici tra loro.

«Lei quindi non conosceva la persona?»

No con la testa.

«Lei e il dottor Cagle attraversavate un momento difficile?» domandai con tatto.

Slidell si lasciò sfuggire un respiro troppo rumoroso, ma io lo ignorai.

Looper scrollò le spalle e fece dondolare gli infradito. «Un po'. Ma niente di grave.»

«Secondo lei c'è qualche probabilità che il dottor Cagle possa parlare con noi? Che possa almeno comunicare?»

Looper si alzò e andò al telefono posato sulla credenza del soggiorno. Dopo aver composto il numero, domandò delle condizioni di Cagle, ascoltò, ringraziò, disse che sarebbe passato a breve, e interruppe la comunicazione.

Dando la schiena a Slidell, Looper si passò la mano destra sulle guance e tirò un lungo sospiro. Poi si ricompose, si pulì le mani sui jeans tagliati e si voltò.

«È ancora in coma.»

Sul viso di Slidell nessuna espressione.

«Che ospedale?»

«Palmetto Health Richland. Terapia intensiva di cardiologia. Il suo dottore è Kenneth MacMillan.»

Slidell si diresse alla porta. Io mi alzai e andai da Looper.

«È sicuro di stare bene?»

Looper annuì.

Presi un biglietto da visita dalla borsetta e glielo porsi.

«Se per caso dovesse trovare quei documenti, la pregherei di farmelo sapere. E mi raccomando, se il dottor Cagle si svegliasse, mi chiami.»

Looper guardò il biglietto, lanciò un'occhiata a Slidell e riportò lo sguardo su di me.

«Di sicuro chiamerò lei, dottoressa.»

Poi si rivolse a Slidell.

«Immagino che sia una giornata difficile per lei.»

La mano sinistra di Looper stringeva ancora la cornetta, così forte che i tendini del polso ricordavano le radici di quercia nel suo giardino.

 

Slidell si accese una sigaretta non appena toccammo il marciapiede. Alla Taurus, aprii la portiera e aspettai che il suo Camel moment si fosse esaurito.

«Secondo lei sarebbe utile passare all'ospedale?» domandai.

Slidell gettò il mozzicone e lo spense con il tacco.

«Male non farà.» Si asciugò la fronte con il polso e dopo aver spalancato la portiera del guidatore, si infilò dietro il volante.

Slidell aveva ragione. La nostra visita non fece male. Ma non fu nemmeno utile. Walter Cagle era morto al mondo esattamente come Looper ci aveva riferito.

Il suo dottore non aveva saputo dare spiegazioni. Le funzioni vitali di Cagle si erano stabilizzate, e il cuore non mostrava segni di lesioni. Il conteggio dei globuli bianchi, l'elettroencefalogramma e l'elettrocardiogramma erano nella norma. Cagle semplicemente non si svegliava dal coma.

Appena lasciato l'ospedale, Slidell iniziò con le sue considerazioni.

«Sembra che nella città delle checche ci sia qualche problema.»

Non risposi.

«Il finocchio pensa che il frocio regali il suo bel pistolino a qualcun altro alle sue spalle.»

Continuai a non rispondere.

«E non gli garba tanto che il nuovo innamorato caliente sia anche un bel figaccione.»

Slidell colse la mia espressione e decise di smetterla. Ma non durò a lungo.

«E se Looper e quella specie di segretaria nazista parlassero dello stesso furbacchione?»

«È possibile.»

«E se Cagle vedesse il bel tenebroso di nascosto?»

«Looper ci ha visto un'implicazione sentimentale, ma può essere che tra i due non ci fosse niente.»

«In che senso?»

«Questa persona potrebbe essere un potenziale studente.»

«Gertrude la nazista ha detto che il tipo che ha cercato Cagle non era un ragazzo.»

«Anche gli adulti si iscrivono all'università.»

«Una persona interessata ai corsi avrebbe lasciato un messaggio alla segretaria del dipartimento.»

Vero.

«Un operaio o un artigiano di qualche genere.»

«E allora perché vedersi in un caffè?»

«Un assicuratore.»

«Idem.»

«Walter Cagle è un uomo fatto.»

«Uomo, ha detto?»

L'omofobia di Slidell iniziava a darmi sui nervi.

«Ci sono tantissime persone con cui Cagle potrebbe aver preso un caffè.»

«Anche con un bel figo con look da sballo che nessuno fra quanti sono vicino a Cagle ha mai visto?»

«Molti uomini corrispondono a questa descrizione» ribattei.

«Ah sì?»

«Sì.»

«Uomini veri?»

«Sì! Veri sciupafemmine!»

«Lei ne conosce qualcuno?»

«Il ragazzo di mia figlia!» replicai senza riflettere.

«Sicura che sia un vero maschio?»

Chiusi gli occhi, e nella mia mente scelsi una canzone. Eagles. Take it easy.

Lasciammo Columbia alle quattro, con il sole che rimbalzava sulle foglie come i raggi di luce attraverso una girandola. Mi sentivo così ostile nei confronti di Slidell che non parlai per tutto il viaggio di ritorno a Charlotte. E anche quando l'investigatore si accese una sigaretta, mi limitai ad abbassare il finestrino continuando a ripassare gli eventi della giornata.

Perché avevo tirato in ballo Palmer Cousins? Era una semplice reazione istintiva alle stupidaggini di Slidell, oppure il mio inconscio vedeva qualcosa che alla mia parte razionale sfuggiva?

Palmer mi ispirava fiducia? Risposta sincera: no.

Perché? Forse perché usciva con mia figlia? O perché non aveva dimostrato una grande professionalità? O perché era bello e viveva a Columbia?

Chi era la persona che Walter Cagle aveva visto in quel caffè? Chi era la persona che era passata al dipartimento di antropologia? Questa persona era implicata nella scomparsa della consulenza di Cagle? Era responsabile del collasso di Cagle? Looper e Dolores parlavano dello stesso uomo?

E come sempre arrivai alla stessa domanda.

Dov'era finita quella consulenza?

Mi ripromisi di scoprirlo.

E la mia promessa fu mantenuta molto prima di quanto avessi previsto.

 

26

 

Erano le cinque e mezzo quando Slidell mi lasciò all'Istituto di medicina legale. Tim Larabee stava uscendo.

«Cosa mi dici di Ricky Don?» domandai.

«Nessun segno di trauma. Sembrerebbe un'overdose, dobbiamo aspettare il referto tossicologico.»

«Trovato segni di abuso cronico?»

«Sì. Ovviamente, questo non esclude il fatto che qualcuno venerdì scorso gli abbia dato un bell'aiuto.»

Quindi gli riferii a grandi linee la mia giornata a Columbia con Slidell.

«Dove hai detto che abita questo Looper?»

Glielo dissi.

«E Looper l'ha portato al Richland Hospital?»

«Sì.»

«Strano, perché il Baptist è lì vicino, a Summer and Taylor.»

«Quindi Richland non è l'ospedale più vicino?»

«No.»

«Forse Looper non lo sapeva.»

«Forse.» Larabee scosse la testa. «La gente cade come mosche, mia cara.»

«Penso di telefonare alla contea di Lancaster, per vedere se riescono a fare qualcosa per questa consulenza di Cagle.»

«Bene.» Larabee aprì la porta a vetri e uscì.

Arrivata in ufficio, cercai il numero e chiamai.

«Dipartimento dello sceriffo, contea di Lancaster, dica pure.»

Dopo essermi presentata, chiesi di parlare con il responsabile.

«Il vicesceriffo Roe al momento è occupato.»

Resi una sintesi di due frasi circa il possibile legame tra le ossa trovate alla fattoria Foote e lo scheletro della contea di Lancaster, e chiesi se potessi parlare con qualcun altro.

«Attenda, verifico se qualcuno degli investigatori è disponibile.»

Pausa. Una serie di clic, poi una voce femminile.

«Terry Woolsey.»

Ripetei tutta la tiritera.

«La persona che si occupò del caso è stata trasferita. Perciò dovrebbe parlare con il vicesceriffo Roe.»

«Lei è a conoscenza del caso?»

«Lo ricordo. Uno scheletro senza testa trovato in un parco nazionale circa tre anni fa.»

«Mi sembra di aver sentito che all'epoca c'era un altro sceriffo.»

«Hal Cobber. Ha perso le elezioni, ora si è ritirato in Florida.»

«Il coroner era Murray Snow?»

«Sì.» Cauta.

«Lei conosceva il signor Snow?»

«Il dottor Snow. Era un ostetrico. Dalle nostre parti il lavoro del coroner non è a tempo pieno.»

«E il coroner attuale chi è?»

«James Park.»

«Un altro medico?»

«No. Park gestisce un'impresa di pompe funebri. Una piccola ironia locale. Snow faceva venire al mondo la gente. Park la spedisce via.»

Suonò come una battuta ripetuta tante altre volte.

«Park è una persona con cui si lavora bene?»

«Fa il suo lavoro.»

«Secondo lei potrebbe avere qualche motivo per trattenere quella consulenza antropologica?»

«Non che io sappia.»

Al diavolo. Avanti con l'approccio da-donna-a-donna.

«Bene.» Un attimo di significativa esitazione. «Ascolti, qui a Charlotte sto lavorando con gli investigatori Slidell e Rinaldi» dissi con una punta di frustrazione nella voce. «Voglio essere sincera con lei, agente Woolsey: io non credo che quei due mi considerino realmente coinvolta nel caso.»

«Dove vuole arrivare?»

Addio alla complicità tra donne.

«Non sembra molto probabile che la consulenza del dottor Cagle si sia volatilizzata.»

«A volte succede.»

«A lei è mai capitato, per uno dei suoi casi?»

Ignorò la mia domanda. E rispose: «Sicuramente questo antropologo ha archiviato la documentazione di cui mi parla. Perché non ha chiesto a lui la sua copia?».

«L'ho fatto. Ma Cagle ha avuto un problema grave di salute e il suo fascicolo e le fotografie relative si sono perse.»

«Che genere di problema di salute?»

Le spiegai del collasso di Cagle e del coma.

Seguì una lunga pausa. Dall'ufficio intorno a lei mi arrivarono rumori da ufficio.

«E questo fascicolo è stato tolto dal suo archivio?»

«Così pare.»

La sentii respirare più volte, poi ebbi la sensazione che spostasse la cornetta da una mano all'altra.

«Possiamo vederci domani?» Un suono frusciante, come se avesse avvicinato la bocca al microfono del ricevitore.

«Certo.» Cercai di non sembrare sorpresa. «La vostra sede si trova in Pageland Road, giusto?»

«Non venga qua.»

Un'altra breve pausa, mentre entrambe riflettevamo su quelle parole.

«Conosce il Coffee Cup, dove la Morehead passa sotto la I-77?»

«Certo.» Tutti a Charlotte conoscevano il Coffee Cup.

«Domani ho delle cose da fare da quelle parti. Vediamoci alle otto.»

«D'accordo. Mi troverà seduta al bancone.»

Dopo esserci salutate, rimasi seduta a riflettere per cinque minuti buoni.

Prima Zamzow e adesso Terry Woolsey. Che cosa avrà avuto da dirmi che non poteva essere detto a Lancaster?

 

Quando rientrai a casa, Boyd e Birdie dormivano, Boyd sul divano e il gatto accoccolato in una nicchia dello scaffale dietro la mia scrivania.

Sentendo il rumore dei miei passi, Boyd scese dal divano, abbassò la tesa e mi guardò con la lingua che penzolava dai denti davanti.

«Salve, giovanotto» lo salutai, battendo le mani e abbassandomi verso di lui. Lui balzò in avanti per leccarmi la faccia, e la forza del suo entusiasmo mi fece cadere all'indietro. Boyd mi fece tre giri intorno e cercò di riprendere a stendermi sul viso la sua maschera di bellezza alla saliva.

Quando mi misi a sedere, Birdie ci osservava con tutta la disapprovazione di cui il muso di un gatto era capace. Poi inarcò la schiena, balzò sul pavimento e scomparve nell'ingresso.

«Ascolta, Boyd.»

Boyd si paralizzò per un nanosecondo, poi fece un altro giro.

«Guardami. Sono fuori forma. Hai visto come faceva Ryan? Che ne pensi?»

Boyd mi corse intorno.

«Hai ragione. Ci vuole un po' di sana attività fisica.»

Mi alzai in piedi, salii in bagno e mi preparai per andare a correre. Quando tornai in cucina e presi il guinzaglio, il chow-chow andò in delirio.

«Seduto.»

Boyd cercò di fermarsi di colpo, perse l'equilibrio e urtò una gamba del tavolo.

Scelsi il percorso breve: Radcliff, Freedom Park, un giro intorno al lago, e ritorno, verso Queens Road West. Boyd mi seguiva, proponendo di tanto in tanto una sosta, nei punti di maggior fascino canino.

Era un tardo pomeriggio d'agosto, di giovani madri che spingevano passeggini, di anziani che portavano a passeggio i loro vecchi cani, di bambini che lanciavano frisbee e palloni e pedalavano sulle loro biciclette.

Il clima torrido e la giornata pesante mi rendevano particolarmente sensibile a suoni e rumori. Sentivo le foglie sussurrare nella brezza. Un'altalena che oscillava avanti e indietro. Una rana solitaria. Oche in lontananza. Una sirena.

Ero sempre vigile, ma non vidi segno di telecamera, né sentii macchine fotografiche scattare. Difficile ammetterlo, eppure la vicinanza di Boyd mi rassicurava.

Arrivati a Sharon Hall, ero zuppa di sudore e il cuore mi batteva a mille. La lingua di Boyd pendeva a lato della bocca come una sottilissima fetta di carne.

Per riprendere fiato, lasciai che il cane annusasse il terreno al suo passo. Il chow-chow trotterellò da un cespuglio a un albero a un'aiuola, entrando in modalità annusare-spruzzare-coprire, che interrompeva qui e là per annusate e spruzzate più approfondite.

Fedele al mio nuovo programma benessere, la cena consisté in una grande insalata mista, verdure offerte da Andrew Ryan. Boyd ebbe i suoi consueti bocconcini.

Alle dieci stavo morendo di fame. Ma subito dopo aver preso dal frigorifero yogurt, carote e sedano, sentii squillare il telefono.

«Pensi sempre che sia l'uomo più bello, intelligente ed eccitante del pianeta?»

«Sei un uomo a dir poco abbagliante, Ryan.»

Il suono della sua voce mi rallegrò e sorridendo come un bambino, diedi un morso alla carota.

«Che cosa stai mangiando?»

«Carote.»

«Da quando mangi verdure crude?»

«Le carote fanno bene.»

«Ah sì?»

«Sì. Fanno bene agli occhi.»

«Se le carote fanno così bene, come mai vedo un sacco di conigli morti sul ciglio della strada?»

«Tua nipote sta bene?»

«Veramente non c'è niente che vada bene. Quelle due non sanno proprio che cosa significhi avere un rapporto normale.»

«Mi spiace.»

«Ma forse qualche speranza c'è ancora. Credo che abbiano iniziato a darmi ascolto. Forse mi fermerò ancora un paio di giorni e poi avrei pensato di prendere una terza settimana di ferie.»

«Ah sì?» Adesso il mio sorriso era così radioso che illuminava la stanza.

Boyd intanto era venuto in soggiorno e mi stava depositando sul piede un boccone del suo cibo.

«Ho lasciato qualcosa in sospeso a Charlotte.»

«Davvero?» Scossi il piede, e i bocconcini sbavati scivolarono sul pavimento. Boyd non si fece problemi e riprese a mangiarli.

«Questioni personali.»

Il mio stomaco era troppo disgustato dai bocconcini di Boyd per reagire a quella frase, che comunque non passò inosservata.

«Spugna come sta?»

«Bene.»

«Ci sono novità sulle ossa del gabinetto?»

Gli parlai del viaggetto a Columbia.

«Wow! Una gita con Skinny.»

«Quell'uomo è un troglodita.»

«Avete visto qualche coniglio morto, per caso?»

«La segretaria del dipartimento di antropologia ha detto che Cagle ha ricevuto un visitatore che lei non conosceva, un tipo non alto con i capelli neri. E anche Looper ha visto Cagle con un estraneo.»

«Stessa descrizione?»

«Più o meno. A parte il fatto che Looper ha insistito molto sul fatto che il tizio fosse bellissimo. Lo vede come un rivale.»

«Anche a me capita spesso.»

«Ma la segretaria non ha descritto il visitatore come particolarmente avvenente.»

«La bellezza è negli occhi di chi guarda.»

«Penso che al suo occhio il particolare non sarebbe sfuggito.»

«Mi sembra di capire che i medici sono disorientati riguardo al collasso di Cagle.»

«Pare di sì.»

Gli raccontai della mia conversazione con Terry Woolsey e dell'incontro fissato con lei per l'indomani mattina.

«È un investigatore, quindi sono sicura che sa che cosa sta facendo.»

«È vero, siamo tutti buoni e bravi.»

«Non ho idea di che cosa voglia.»

«Un'idea può essere una cosa pericolosa.»

«È strano, Ryan.»

«È strano.»

«Non trattarmi con aria di sufficienza.»

«So esattamente che cosa preferirei farti.»

Il mio stomaco fece una capriola.

«Hai ricevuto altre minacce via e-mail?»

«No.»

«C'è sempre la pattuglia davanti a casa tua?»

«Sì. E anche davanti a casa di Lija.»

«Bene.»

«Inizio a pensare che dietro questa storia ci fosse Dorton.»

«Perché?» chiese Ryan.

«Ricky Don muore, e le mail non arrivano più.»

«È possibile. È anche possibile che qualcuno l'abbia tolto di mezzo.»

«Grazie per la rassicurazione.»

«Voglio che tu non abbassi la guardia.»

«Non ci avevo affatto pensato.»

«Brennan, quando vuoi, riesci a essere una vera rompiballe.»

«Mi esercito molto.»

«Spugna riceve sufficiente attenzione?»

«Oggi pomeriggio ci siamo fatti una bella e lunga corsetta.»

«Oggi a Halifax c'erano undici gradi.»

«Oggi a Charlotte ce n'erano trentaquattro.»

«Allora, ti manco, mia bella puledra?»

Mi pareva.

«Un po'.»

«Ammettilo, donna. Questo cowboy è un sogno che si avvera.»

«Hai incrociato le mie fantasie, Ryan. Uomini rudi in calzoni di cuoio.»

«Buone fantasie, allora.»

Dopo aver salutato Ryan, chiamai Katy.

Nessuna risposta.

Lasciai un messaggio.

Boyd, Birdie e io guardammo gli inning finali di un incontro Braves-Cubs. Io finii le carote, Boyd rosicchiò un osso di cuoio, e Birdie leccò lo yogurt. A un certo punto i due si scambiarono di posto.

Alle undici, cane, gatto e puledra erano a nanna.

 

27

 

Charlotte ha molte istituzioni dedicate alla conservazione e alla contemplazione della bellezza. Il Mint Museum of Art. Spirit Square. Il giardino delle rose della McGill University.

L'incrocio tra la Morehead e la Clarkson non è una di queste. Benché si trovi a pochi isolati dalla zona più trendy della città, questo scampolo del distretto di Third Ward non ha beneficiato della stessa rinascita e i cavalcavia, i magazzini fatiscenti e le strade dissestate restano una caratteristica costante del paesaggio.

Poco importa. Al Coffee Cup, gli affari vanno a gonfie vele.

Tutti i giorni, al mattino e a mezzogiorno, folle di professionisti bianchi e neri, impiegati statali e operai si ritrovano gomito a gomito con avvocati, giudici, bancari e agenti immobiliari. Non è l'ambiente, è la cucina: cibo casalingo che riscalda il cuore, e alla lunga lo ferma del tutto.

Il Coffee Cup è gestito da decenni da un gruppo di cuochi neri. La colazione non cambia mai: uova, tradizionali grits di granturco, fatback di maiale, medaglioni di salmone fritti, pasticcio di fegato, e poi i consueti bacon, prosciutto, torta e focaccine. A pranzo, i cuochi sono un po' più flessibili, e nel menù esposto su due o tre lavagne propongono: stufato di carne, piedino di maiale, bistecca alla piastra, pollo fritto o arrosto o servito con gnocchetti di pasta. Come verdura, si può scegliere tra: bietole, fagioli borlotti, cavolo, broccoli stufati, zucca e cipolle, purè di patate e fagioli dall'occhio, il tutto accompagnato da pane di mais o focaccine.

Arrivai alle otto meno dieci. Il parcheggio era stracolmo, perciò lasciai l'auto sulla strada.

Sgusciando tra la folla di avventori, mi avvicinai al bancone. Sette uomini, una donna. Minuta. Capelli castani corti. Frangia. Sui quaranta.

La raggiunsi e mi presentai. Quando Terry Woolsey girò la testa, notai due orecchini turchese e argento dondolare con il movimento.

Mentre l'investigatore si presentava, un posto si liberò due sgabelli più avanti, e i due uomini seduti accanto slittarono a lato. Due targhette sul taschino li identificavano come Gary e Calvin.

Ringraziai i due e mi misi a sedere. Una donna nera mi venne incontro con matita e taccuino. Al diavolo la dieta. Ordinai uova fritte, focaccine e un medaglione di salmone.

Il piatto di Terry Woolsey era vuoto, a parte un mucchietto di grits annegato in un lago di burro grande come il Balaton.

«Non le piacciono i grits?» domandai.

«Continuo a provarci.»

La cameriera tornò, versò il caffè in una tazza bianca e la posò di fronte a me. Poi spostò la caraffa sulla tazza dell'investigatore, si mise una mano sul fianco e sollevò un sopracciglio. Terry Woolsey annuì. Lei versò.

Mentre mangiavo, Terry Woolsey mi fornì le informazioni che le sembrarono appropriate. Faceva l'investigatore nella contea di Lancaster da sette anni, e prima era stata agente presso il Dipartimento di polizia di Pensacola, in Florida. Si era trasferita nel North Carolina per ragioni personali. E le ragioni personali avevano sposato un'altra.

Quando ebbi finito il mio piatto, chiedemmo dell'altro caffè.

«Mi racconti tutta la storia» disse poi Terry Woolsey senza preamboli.

Intuendo che avevo di fronte una persona che non amava l'ambiguità, riferii ciò che sapevo. Stufa a legna. Orsi. Cessna. Gabinetto. Cocaina. Macao. Agenti dell'FWS scomparsi. Scheletro senza testa. Consulenza di Cagle.

Terry Woolsey ascoltò alternando sorsi di caffè e cenni di assenso. Non parlò finché non conclusi il racconto.

«Quindi lei pensa che il cranio e le mani trovate nel gabinetto della contea di Mecklenburg, in North Carolina, appartengano allo scheletro trovato nel parco nazionale della contea di Lancaster, nel South Carolina.»

«Sì. Ma i resti della contea di Lancaster sono stati distrutti e non mi è stato possibile leggere la consulenza antropologica né vedere le fotografie.»

«Ma se lei ha ragione, lo sconosciuto non è questo agente dell'Fws.»

«Brian Aiker. Sì. La documentazione odontoiatrica esclude il cranio.»

«Ma se il cranio e le mani non completano lo scheletro, il nostro sconosciuto di Lancaster potrebbe ancora essere Brian Aiker.»

«Sì.»

«Nel qual caso, voi rimarreste ancora con uno sconosciuto.»

«Sì.»

«Che potrebbe anche essere la madre del neonato morto o il suo fidanzato.»

«Tamela Banks o Darryl Tyree. Molto improbabile, però sì.»

«Che potrebbero essere coinvolti in traffico di droga, di cistifellee di orsi e di uccelli esotici a rischio di estinzione.»

«Sì.»

«In questa fattoria abbandonata dove sono saltati fuori gli orsi e il cranio.»

«Sì.»

«E questi trafficanti potrebbero essere compiici di due tizi che si sono schiantati con un Cessna mentre scaricavano pacchi di cocaina.»

«Harvey Pearce e Jason Jack Wyatt.»

«Che potrebbero essere stati al soldo di un tossico proprietario di locali notturni e di società per viaggi e vacanze nella natura.»

«Ricky Don Dorton.»

«Che è stato ritrovato morto in un motel di Charlotte.»

«Sì. Senta, stavo solo cercando di mettere insieme i pezzi.»

«Non si metta sulla difensiva. Mi racconti di Cagle.»

Raccontai.

Terry Woolsey finì il suo caffè.

«Quello che sto per dire deve rimanere tra noi, chiaro?»

Annuii.

«Murray Snow era un brav'uomo. Sposato, tre figli, ottimo padre. Non aveva mai pensato di lasciare sua moglie.» L'investigatore prese un lungo respiro. «Al momento della sua morte, avevamo una relazione.»

«Quanti anni aveva?»

«Quarantotto. Trovato privo di sensi nel suo ufficio. Morto quasi subito al pronto soccorso.»

«Ci fu l'autopsia?»

Terry Woolsey scosse la testa.

«Nella famiglia di Murray c'erano stati molti casi di problemi cardiaci. Il fratello era morto a cinquantaquattro anni, il padre a cinquantadue, il nonno a quarantasette. Perciò tutti danno per scontato che Murray fosse morto d'infarto. Il corpo riceve il nulla osta alla sepoltura e il funerale viene celebrato nel giro di ventiquattro ore. Di tutto si occupa James Park.»

«L'uomo delle pompe funebri che ha sostituito Snow come coroner?»

Terry Woolsey annuì.

«Non è inconsueto nella contea di Lancaster. Murray aveva il cuore malandato, la moglie era isterica, e la famiglia voleva chiudere la vicenda il prima possibile.»

«E non c'era il coroner.»

Terry Woolsey accennò un sorriso amaro. «Già.» I suoi occhi si spostarono per un attimo sul bancone, poi tornarono su di me.

«Ma qualcosa non mi quadrava. O forse mi sentivo in colpa. O sola. Comunque sia, non so bene perché, sono passata al pronto soccorso e ho chiesto se avessero qualcosa per l'esame tossicologico. Sicuramente, gli avevano prelevato il sangue e avevano ancora il campione.»

Terry Woolsey si interruppe mentre la cameriera le riempiva ancora una volta la tazza.

«Dagli esami, risultò che l'organismo di Snow conteneva grandi quantità di efedrina.»

Attesi che proseguisse.

«Murray soffriva di allergie molto forti. Ma era un medico con il cuore a rischio, e non prendeva mai niente con l'efedrina. Una volta gli volevo far prendere un farmaco da banco per il raffreddore da fieno, ma lui era stato irremovibile.»

«L'efedrina fa male ai malati di cuore?»

Terry Woolsey annuì. «Ipertensione, angina, problemi alla tiroide, cardiopatie. E Murray lo sapeva.» Poi si sporse verso di me e, abbassando la voce, aggiunse: «Murray stava svolgendo delle indagini, prima di morire».

«Su cosa?»

«Non lo so. Una volta era stato sul punto di parlarmene, ma poi aveva cambiato idea e non ne aveva più fatto cenno. Due mesi dopo è morto.»

Qualcosa che non riuscii a definire le oscurò il viso.

«Credo che riguardasse quello scheletro senza testa.»

«E perché non ha proseguito con le indagini?»

«Ho cercato. Ma nessuno mi ha dato credito. Tutti si aspettavano che Murray morisse giovane per un infarto. È andata così. Nessun mistero. Fine della storia.»

«E l'efedrina?»

«Tutti erano anche a conoscenza delle sue allergie. Lo sceriffo non aveva voluto dare retta a ipotesi di cospirazione.»

«L'aveva chiamata così?»

Terry Woolsey annuì.

Prima che potessi commentare, trillò il cellulare. Guardai il numero sul display.

«È l'investigatore Slidell.»

Terry Woolsey sfilò i foglietti posati sotto i nostri piatti.

«Vado a pagare e ci vediamo fuori.»

«Grazie.»

Mentre mi destreggiavo tra i tavoli per uscire, premetti il pulsante per ricevere la chiamata.

«Dottoressa, è lei?»

«Aspetti un secondo.»

Guadagnai l'uscita e mi avviai verso il parcheggio. La mattinata era calda e l'aria era immobile; nel cielo terso spiccava qualche ciuffo bianco.

«È lei, dottoressa?» ripeté Slidell.

«Sì.» E chi doveva essere, visto che stava chiamando il mio cellulare?

«Rinaldi ha avuto una giornata molto fruttuosa, ieri.»

«La ascolto.»

«Potrebbe riuscire a mettere un po' di carne su quelle sue ossa spolpate.»

«Mi dica.»

«Ha scoperto che Jason Jack Wyatt, il nostro misterioso passeggero, passava un sacco di tempo fra trappole e appostamenti. Secondo la nonnina che sta a Sneedville, Crocodile Dundee al confronto è un novellino. E vuol saperne una? La specialità del nostro J.J. erano gli orsi. Una volta un furbacchione di città si era iscritto alla Wilderness Quest e gli aveva offerto mille dollaroni sonanti per fargli fuori un orso da appendere al muro come trofeo.»

Si fermò un'auto da cui uscì una coppia di neri. La donna indossava minigonna aderente, camicetta rosa, calze nere, tacchi a spillo, e la carne in sovrappiù le traboccava ovunque gli abiti lasciassero uno spazio. L'uomo aveva braccia e gambe muscolose, ma una pancia che tradiva una grande love story fra lui e i grits e il fatback di maiale.

Mentre Slidell parlava, osservai la coppia entrare al Coffee Cup.

«Niente di illegale, ovviamente» dissi.

«Ovviamente no. E l'altro giovane figlio di Sneedville avrebbe potuto diventare il presidente della Camera di Commercio, se nostro Signore non l'avesse richiamato a sé così presto.»

«Ricky Don.»

«Il Donald Trump di Sneedville.»

«La nonna ha confermato che i due si conoscevano?»

«Ricky Don procurava al suo dotato ma meno fortunato cugino dei lavoretti stagionali durante le settimane di caccia alla Wilderness Quest. E ogni tanto gli affidava anche qualche commissione.»

«Commissione?»

«Pare che il lavoro di J.J. includesse delle fantastiche indennità di viaggio.»

«L'aereo di Ricky Don.»

«E faceva anche lunghi viaggi in auto.»

«Pensate che Wyatt trafficasse droga per conto di Ricky Don?»

«Potrebbe spiegare la cocaina che abbiamo trovato nella sua auto.»

«Sta scherzando.»

«Le pare che potrei scherzare su una cosa simile?»

«Rinaldi aveva un mandato?»

«Se lo sarebbe procurato, naturalmente. Ma la nonnina ha insistito per fare un giretto d'ispezione, per essere sicura che nessuno facesse casino tra le cose di J.J. Così ha chiesto a Rinaldi di accompagnarla con l'auto del nipotino.»

«Pazzesco.»

«Così J.J. il giustiziere degli orsi potrebbe spacciare per conto di Ricky Don Dorton e di tanto in tanto trattare qualche cistifellea d'orso, per arrotondare.»

«La nonna sapeva qualcosa delle telefonate tra J.J. e Darryl Tyree?»

«Negativo.»

«Sonny Pounder ha parlato?»

«Muto come un gatto morto.»

«Che si dice del pilota?»

«Stiamo ancora indagando su Harvey Pearce.»

Un uomo alto con treccine, catene d'oro e occhiali da sole di marca supercostosi si avvicinò alla porta proprio mentre Terry Woolsey usciva. La sua faccia aveva qualcosa di familiare.

L'uomo si fece da parte e lasciò uscire l'investigatore, poi si fece scivolare gli occhiali sul naso e seguì con lo sguardo il sedere della donna.

Slidell mi stava dicendo qualcosa, ma io non ascoltavo.

Dove avevo già visto quella faccia?

Il mio cervello si sforzò di ricordare.

In una foto? Di persona? Di recente? Nel passato?

Slidell continuava a parlare, e la sua voce mi arrivava metallica dal microfono del cellulare.

Nel vedere la mia espressione, Terry Woolsey si voltò verso il Coffee Cup. L'uomo era scomparso all'interno.

«Ehi, dottoressa?»

Sollevai un dito.

«Pronto?» Slidell si era reso conto che non lo stavo ascoltando, e stava cercando di attirare la mia attenzione.

Ma quando stavo per interrompere la comunicazione, l'uomo ricomparve, con un sacchetto bianco di carta in una mano, e le chiavi nell'altra. Si avvicinò a una Lexus nera, aprì la portiera posteriore, posò il cibo sul sedile e richiuse.

Prima di sedersi al volante, l'uomo si voltò verso di noi.

Niente occhiali, vista frontale.

Studiai i suoi lineamenti.

Eliminai le treccine.

Trovato!

La temperatura sembrò calare di colpo. Il giorno mi si strinse addosso.

«Merda!»

«Come?» Slidell.

«Come?» Terry Woolsey.

«Può seguire quel tizio?» domandai a Terry Woolsey, puntando il cellulare verso la Lexus.

«Il tipo con le treccine?»

Annuii.

Schizzammo verso la macchina.

 

28

 

«Brennan!»

Allacciai la cintura e mi puntellai sul cruscotto, mentre l'investigatore Woolsey faceva un'inversione a U e imboccava la Clarkson.

«Che diavolo sta succedendo?»

La voce di Slidell aveva il tono agitato di qualcuno in pigiama che grida perché ha sentito dei rumori strani nel buio.

Portai il telefono all'orecchio.

«Ho appena visto Darryl Tyree.»

«E come fa a sapere che è lui?»

«L'ho riconosciuto dalla polaroid di Gideon Banks.»

«Dove?»

«Ha preso del cibo da asporto al Coffee Cup.»

«Da quella parte» dissi a Terry Woolsey, indicando la Morehead.

«Cosa crede di fare, dottoressa?» Slidell.

«Stargli addosso.»

Le ruote produssero un leggero stridore, mentre l'investigatore Woolsey svoltava sulla Morehead, ignorando il segnale che vietava la svolta. Vidi la Lexus nera un isolato e mezzo davanti a noi. Nemmeno Tyree rispettava i segnali stradali.

«Non gli faccia capire che lo stiamo seguendo» dissi a Terry Woolsey.

Lei mi guardò con uno sguardo grazie-per-il-consiglio e si concentrò sulla guida, le mani saldamente posizionate sulle dieci e dieci.

«Gesù santìssimo, dottoressa, ma è matta?» tuonò Slidell.

«Potrebbe portarci da Tamela Banks.»

«Stia lontana da Tyree. Quel pazzo furioso potrebbe farla fuori senza batter ciglio.»

«Ma non sa che lo stiamo seguendo.»

«Dove siete?»

L'auto svoltò di nuovo, e mi puntellai con le braccia.

«Freedom Drive.»

Sentii Slidell chiamare forte Rinaldi. Poi la sua voce si fece irregolare, come se stesse correndo.

«Gesù, Brennan. Perché lei e le sue amiche non andate in un centro commerciale a fare shopping?»

Non lo degnai di risposta.

«Voglio che si fermi immediatamente. Lasci queste cose agli investigatori.»

«Sono con un investigatore.»

«Chi è?»

«Terry Woolsey. Ha distintivo, tesserino e tutto il resto. Ed è qui in visita dal South Carolina.»

«Brennan, lei riesce a essere una vera rompiballe.»

«Non è l'unico a pensarla così.»

Sentii sbattere le portiere e poi l'auto di Slidell mettersi in moto.

«Mi dia la vostra posizione.»

«Stiamo procedendo sulla Tuckaseegee, in direzione est» dissi. «Un momento.»

Sull'auto di Tyree si accesero le luci dei freni, e l'investigatore Woolsey rallentò per non avvicinarsi troppo. Tyree svoltò a destra, Terry Woolsey accelerò e svoltò anche lei. Tyree stava svoltando a sinistra all'incrocio successivo.

Terry Woolsey accelerò e svoltò all'angolo. Tyree stava girando a destra in fondo all'isolato.

Terry Woolsey lo seguì e fece altrettanto. Ma questa volta la Lexus era sparita.

«Merda!» All'unisono.

«Come?» Slidell.

Eravamo finite in un quartiere di stradine tortuose e vicoli ciechi. In quel genere di labirinto mi ero già persa diverse volte.

Terry Woolsey imboccò una vietta sulla sinistra.

Niente Lexus.

Mentre percorrevamo la via, io controllai vialetti e auto parcheggiate.

Non vidi nessuna Lexus.

All'incrocio successivo, guardammo a destra e a sinistra.

«Eccola!» dissi.

La Lexus era ferma sulla destra. Terry Woolsey svoltò nella via e accostò al marciapiede.

«... cazzo siete?» Slidell sembrava sul punto di una crisi isterica.

Portai il telefono all'orecchio e gli comunicai l'indirizzo.

«Non fate niente! Niente di niente! Non prendete iniziative!» urlò Slidell.

«Va bene se ordiniamo uno spuntino cinese? Magari ci facciamo portare qualche involtino primavera qui alla macchina?»

Con una leggera pressione del pollice, mi risparmiai l'esplosione di Slidell.

«Il suo amico ha qualche idea in merito alla nostra presenza qui?» domandò Terry Woolsey scrutando la strada.

«Prima o poi si appassionerà all'idea.»

«È un tipo rigido?»

«Diciamo che è uno che ama le tradizioni.»

Osservai i dintorni.

A parte qualche tavola di compensato inchiodata qua e là, le case sembravano non aver subito significative ristrutturazioni dai tempi della Grande Depressione. La pittura si scrostava, ruggine e marciume regnavano ovunque.

«Il suo tizio probabilmente non è qui per una riunione del Rotary» osservò Woolsey.

«Probabilmente no.»

«Chi è?»

Le raccontai di Tyree e della droga. Gli spiegai anche di Tamela, del neonato, e dei familiari scomparsi.

«Non riesco a smettere di pensare che è tutto collegato» dissi. «Non ho le prove, ma d'istinto so che Tamela è la chiave di tutta questa storia.»

Terry Woolsey annuì continuando a scrutare la via.

Un uomo spuntò da una casa due porte più avanti di quella in cui era entrato Tyree. La camicia di seta nera aperta svolazzava su una maglietta bianca sudicia. Insieme a lui, uscì anche una donna con jeans a vita bassa, da cui traboccava la pancia grossa quanto un melone color cioccolato.

Guardai l'orologio. Sette minuti da quando avevo chiuso la telefonata con Slidell.

Una Ford Tempo arrugginita ci passò accanto, rallentò accanto alla Lexus di Tyree, poi accelerò e scomparve dietro l'angolo.

«Secondo lei ci hanno notate?» domandai.

Terry Woolsey si strinse nelle spalle, poi alzò l'aria condizionata. Una folata di aria fredda uscì dalle bocchette.

Controllai di nuovo l'ora. Otto minuti dalla telefonata con Slidell.

Un gruppetto di adolescenti neri, tutti con pantaloni oversize, visiere girate al contrario e camminata da bulli svoltarono l'angolo e procedettero sul marciapiede nella nostra direzione. Quando notarono la nostra auto, uno diede di gomito a un altro e il gruppo fece capannello. Dopo qualche secondo eseguirono una serie di fantasiose strette di mano e continuarono verso di noi.

Quando ci raggiunsero, due dei ragazzini saltarono sul cofano, si appoggiarono ai gomiti e accavallarono le gambe lasciando dondolare le loro Nike all'ultimo grido. Un terzo andò alla portiera dell'investigatore, un quarto alla mia.

Notai le mani di Terry Woolsey lasciare il volante. Il braccio destro rimase leggermente piegato, la mano tesa dietro il fianco destro.

Lanciai un'occhiata al bulletto che si era piazzato accanto a me. Avrà avuto quindici anni, ed era poco più robusto di un furetto da appartamento.

Il furetto mi indicò di abbassare il finestrino. Lo ignorai.

Allora allargò le gambe, incrociò le braccia e mi fissò da dietro gli occhiali da sole. Sostenni il suo sguardo per cinque secondi buoni, poi mi voltai.

Dieci minuti.

Il compagno del furetto era più grande e accessoriato con oro a sufficienza per rimpinguare le casse dell'UNICEF. Bussò con la nocca dell'indice al finestrino dell'investigatore Woolsey.

«Chevvolete?» La sua voce ci arrivò attutita.

Terry Woolsey e io ignorammo anche lui.

Il ragazzo si chinò e appoggiò la fronte al finestrino.

«Ehi, sorelle bianche. Sembra che siete qui per qualcosa.»

Mentre parlava, si muovevano solo i muscoli della parte destra della faccia, come se la sinistra fosse interessata dalla paralisi di Bell, o avesse subito un incidente che aveva disattivato i nervi di quel lato.

«Siete due belle tipe bianche. Abbassa il finestrino che ci facciamo due chiacchiere.»

Terry Woolsey gli mostrò il dito medio.

Il ragazzo premette contro il finestrino con i palmi.

Terry Woolsey gli fece cenno di levarsi di torno.

Il ragazzo indietreggiò di un passo e lanciò a Terry Woolsey l'occhiata torva del ghetto.

L'investigatore fece altrettanto.

Undici minuti.

Il ragazzo avvolse lo specchietto laterale tra le mani e si voltò verso di lei. Mezza bocca sorrideva. Gli occhi no.

Non avrei mai saputo se Terry Woolsey stava prendendo la pistola o il tesserino. In quel momento la Taurus di Slidell svoltò l'angolo, accostò e si fermò dietro di noi.

Pur non occupando il segmento superiore della curva dell'intelligenza, i piccoli teppisti che ci stavano molestando erano in grado di fiutare l'auto di un poliziotto a cento metri di distanza. Quando le portiere della Taurus si aprirono, i due ragazzini sul cofano saltarono a terra e se ne andarono, e il furetto si unì a loro lanciandomi un'ultima sprezzante occhiata.

Il duro dalla parte del conducente drizzò la schiena, piegò le dita della destra a pistola e finse di sparare un colpo a Terry Woolsey. Poi tamburellò le mani aperte sul cofano e se ne andò insieme ai suoi amici.

Mentre Slidell correva da noi, due volanti accostarono dietro la sua auto. Terry Woolsey e io scendemmo dalla nostra.

«Investigatore Slidell, le presento l'investigatore Woolsey» esordii.

Terry Woolsey tese la mano. Slidell la ignorò.

La donna rimase con la mano a mezz'aria. Intanto io, con la coda dell'occhio, notai Rinaldi uscire dalla Taurus e avvicinarsi.

«È questo l'investigatore di cui mi ha parlato?» Slidell alzò il pollice verso Terry Woolsey. Era paonazzo, e una vena gli pulsava sulla fronte.

«Si calmi o si farà venire un colpo» dissi.

«E da quando le frega qualcosa della mia salute?» ribatté Slidell, e subito dopo si voltò verso Terry Woolsey.

«Dove lavori?»

«Lancaster.»

«Qui sei fuori giurisdizione, lo sai?»

«Perfettamente.»

La cosa sembrò calmarlo un po'. Quando Rinaldi ci raggiunse, Slidell diede a Terry Woolsey una stretta di mano di circostanza. Poi fu la volta di Terry Woolsey e Rinaldi.

«Che cosa la porta qui?» Slidell prese un fazzoletto e si asciugò la faccia.

«Stavo facendo colazione con la dottoressa Brennan. E lei mi ha chiesto un passaggio fin qui.»

«È tutto?»

«Per il momento è tutto.»

«Hmm.» Slidell si rivolse a me. «Dov'è Tyree?»

Indicai la casa dietro la Lexus nera.

«È sicura che si tratta di Tyree?»

«Le dico che è Tyree. È entrato circa un quarto d'ora fa.»

«Mando i rinforzi sul retro» disse Rinaldi.

Slidell annuì. Rinaldi si avvicinò alla seconda volante e scambiò qualche parola con il conducente, poi l'auto raggiunse in retromarcia l'angolo dell'isolato e scomparve.

«Sapete che cosa farete adesso voi due?» Slidell appallottolò il fazzoletto e lo infilò nella tasca posteriore.

«Entrate in questa bella Chevrolet da investigatore donna, e vi togliete di mezzo. Andate a farvi le unghie, se volete. Andate a una lezione di yoga. Andate a una vendita di beneficenza della Chiesa metodista. Non mi interessa. Ma voglio vedervi mettere un sacco di geografia tra voi e questo posto. Intesi?»

Terry Woolsey incrociò le braccia, i muscoli del viso tesi per la rabbia.

«Ascolti bene, Slidell» dissi. «Mi dispiace molto se ho offeso il suo delicato senso di proprietà. Ma Darryl Tyree è in quella casa. E Tamela Banks e i suoi familiari potrebbero essere con lui. O potrebbero essere morti. In qualsiasi caso, Tyree potrebbe portarci da loro. Ma solo se gli stiamo attaccati al culo.»

«Non ci avrei mai pensato.» La voce di Slidell trasudava sarcasmo.

«Allora ci pensi adesso» ribattei.

«Mi ascolti bene, dottoressa Brennan: io arrestavo la feccia di questa città quando lei ancora cambiava le scarpette alle sue Barbie!»

«Non mi sembra che vi siate dati tanto da fare per stanare Tyree!»

«Forse è il caso di abbassare la voce!» Terry Woolsey.

Slidell si voltò verso di lei.

«Adesso devo anche sentirmi dire come fare il mio lavoro?»

Terry Woolsey sostenne lo sguardo di Slidell. «Non ha senso mettere sul chi vive la persona da arrestare.»

Slidell la guardò come un israeliano potrebbe guardare un palestinese armato. Terry Woolsey non batté ciglio.

Rinaldi ci raggiunse di nuovo. Dietro le spalle dell'investigatore Woolsey notai una tendina muoversi nella casa di fronte alla Lexus di Darryl Tyree.

«Credo che ci stiano guardando» dissi.

«Pronti?» Slidell domandò a Rinaldi.

Sbottonandosi la giacca, Rinaldi si voltò e fece un cenno agli agenti rimasti nella volante. Le portiere si aprirono.

In quel momento, la porta della casa si spalancò. Una figura scese i gradini e schizzò in strada, poi scomparve in una stradina sul lato opposto.

 

29

 

A Slidell non venne un colpo. Né riuscì a raggiungere Darryl Tyree. Stando a quel che ancora ricordo, le cose andarono così.

Slidell e Rinaldi si lanciarono goffamente all'inseguimento di Tyree, cravatte al vento. Nel giro di qualche secondo i due agenti li avevano già superati.

Mentre i quattro correvano verso la casa di fronte alla Lexus, Terry Woolsey e io ci scambiammo un'occhiata d'intesa e ci infilammo nella bella Chevrolet da investigatore donna.

Arrivammo in fondo all'isolato e svoltammo oltre l'angolo facendo stridere le gomme. Io mi puntellai alla maniglia della portiera e al cruscotto. Un'altra curva e ci ritrovammo in un vicolo. La ghiaia schizzava dalle ruote e tintinnava contro i paraurti e le auto arrugginite parcheggiate ai lati della strada.

«Eccoli!» vidi Rinaldi, Slidell e uno degli agenti una decina di metri più avanti.

Terry Woolsey accelerò e frenò di colpo. Rapidamente, cercai di rendermi conto della situazione.

Rinaldi e un agente, a gambe larghe, puntavano le pistole su un groviglio di braccia e di gambe steso a terra. Slidell era piegato in due, le mani sulle ginocchia, e cercava di riprendere fiato con dei lunghi respiri. La sfumatura della sua faccia rientrava nello spettro dei viola, quella di Rinaldi era bianco obitorio.

«Polizia!» ansimò Rinaldi, la pistola puntata e impugnata a due mani.

I due uomini a terra si agitavano come ragni punti da uno spillo, il poliziotto sopra, il cattivo sotto. Entrambi grugnivano, la schiena madida di sudore. Notai ghiaia e frammenti di cellofan e plastica tra le treccine sotto la spalla destra del poliziotto.

«Fermo!» gridò l'agente con la pistola.

I due continuarono a lottare.

«Non ti muovere, bastardo!» gridò di nuovo l'agente con la pistola.

Proteste soffocate. I due corpi continuarono ad agitarsi sull'asfalto.

«Fermo! O ti faccio saltare le palle!»

L'agente a terra riuscì ad afferrare il polso dell'altro e a piegargli il braccio dietro la schiena. Altre proteste, poi la lotta diminuì di intensità, mentre il poliziotto riusciva a prendere le manette dalla cintura.

Le treccine di Darryl Tyree schizzarono, e il suo corpo si inarcò furiosamente, cogliendo di sorpresa il poliziotto. Rotolando di lato, Tyree si liberò, saltò in piedi e si mise a correre.

Senza un attimo di esitazione, Terry Woolsey innestò la retromarcia, fece un paio di manovre e piazzò la Chevrolet di traverso nel vicolo.

Veloce come un otturatore, anche il poliziotto si rimise in piedi e si lanciò all'inseguimento di Tyree. Lui e il collega lo raggiunsero nello stesso momento, e lo sbatterono contro la portiera della Chevrolet.

«Fermo, bastardo d'un pezzo di merda!»

Di nuovo, il poliziotto storse il braccio di Tyree dietro la schiena e gli sentimmo la testa urtare con un rumore sordo il tettuccio dell'automobile.

Terry Woolsey e io scendemmo e guardammo l'uomo appoggiato contro l'auto. Aveva le manette ai polsi e una pistola puntata alla tempia.

Ansimando vistosamente, il poliziotto gli aprì le gambe e velocemente lo perquisì. La ricerca produsse una Glock nove millimetri semiautomatica e due bustine di plastica chiuse con la zip. Una conteneva una polvere bianca, l'altra delle piccole pasticche, anche queste bianche.

L'agente gettò la droga e la pistola al collega, che afferrò le due cose e fece un passo indietro, senza perdere di mira il petto di Tyree.

Questo spalancò gli occhi dalle pupille enormi e ci guardò. Gli sanguinava un labbro. Le catene d'oro che portava al collo erano in disordine, e le treccine sembravano un mocio che aveva finito di pulire uno stadio.

Slidell e Rinaldi infilarono le pistole nella fondina e raggiunsero Tyree. Slidell stava ancora ansimando.

I due investigatori incrociarono le braccia e fissarono Darryl Tyree. Nessuno dei due parlò. Nessuno si mosse.

Tyree teneva gli occhi bassi.

Slidell prese di tasca il pacchetto delle Camel e ne sfilò una con le labbra. Quindi fece il gesto di offrire a Tyree.

«Vuoi fumare?» la faccia di Slidell era paonazza, lo sguardo furioso.

Tyree scosse leggermente la testa, muovendo le treccine.

Slidell accese, aspirò, portò le mani sui fianchi ed espirò.

«Crack ed extasy. Pensavi a un'offerta due per uno?»

«Io non spaccio.» Bofonchiato.

«Sono davvero spiacente, Darryl. Non ho sentito.» Slidell si rivolse a Rinaldi. «Tu hai sentito, Eddie?»

Rinaldi fece di no con la testa.

«Che cosa hai detto, Darryl?»

Tyree guardò Slidell, ma il poco sole che entrava nel vicolo era alle spalle dell'investigatore. Strizzando gli occhi, Tyree voltò la faccia di lato.

«La merda non è mia.»

«C'è solo un problemino, Darryl. Che il prodotto viaggiava nelle tue mutande.»

«Mi hanno incastrato.»

«Ma chi farebbe una cosa simile, Darryl?»

«Sono stato un po' in giro. È facile farsi dei nemici. Sapete di cosa parlo, vero?»

«Sì, lo so. Tu sei un duro, Darryl.»

«Non avete niente contro di me. Me ne andavo in giro a fare le mie cose.»

«E queste cose che facevi, che cos'erano?» Slidell.

Tyree scrollò le spalle e calciò un sassolino.

Slidell aspirò una boccata di fumo, gettò via il mozzicone e lo schiacciò con il tallone.

«Per chi lavori, Darryl?»

Altra scrollata di spalle.

«Sai cosa penso, Darryl? Penso che tu sei in un giro di spaccio in doppiopetto.»

Tyree scosse la testa.

«Sono domande troppo difficili, per te, Darryl?»

Slidell si rivolse al suo compagno. «Che ne pensi, Eddie? Forse dovremmo occuparci un po' della testa di Darryl?»

«Potresti provare un approccio diverso» disse Rinaldi. «L'ho imparato al seminario di interrogatorio. Dicevano che bisogna variare l'approccio.»

Slidell annuì.

«Vediamo che cosa mi dice di questo.» Slidell si rivolse di nuovo a Tyree. «Che cosa hai fatto a Tamela Banks e al suo bambino?»

Gli occhi di Darryl Tyree furono attraversati dal primo accenno di paura.

«Non ho fatto niente a Tamela. Stavamo insieme.»

«Insieme?»

«Domanda a chi vuoi. Io e Tamela stavamo insieme. Che cosa dovevo farle?»

«Questa è una cosa carina, vero, Eddie? Voglio dire: stare insieme è una grande cosa, non credi anche tu?»

«All you need is love» concordò Rinaldi.

Slidell tornò a Tyree.

«Ma vedi, Darryl, a volte una donna si guarda un po' in giro. Mi capisci, vero?» Slidell gli strizzò l'occhiolino con esagerata aria di complicità maschile. «Per come la penso io, stare insieme vuol dire stare insieme. A volte a un uomo capita di dover rimettere a posto la sua ragazza. Diamine, ci siamo passati tutti.»

Tyree voltò la testa di lato. «Picchiare una donna è una stronzata.»

«Magari solo un piccolo schiaffo? O un pugno sulle reni?»

«Eh no. Io queste stronzate non le faccio.»

«E con i bambini, invece? Le fai, le stronzate, con i bambini?»

Tyree scalciò con un piede, voltò la testa dall'altro lato e gli occhi tornarono a terra.

«Merda.»

Slidell sollevò le sopracciglia, fingendosi sorpreso.

«Abbiamo detto qualcosa che ti ha offeso, Darryl?»

Slidell ancora una volta si rivolse a Rinaldi.

«Eddie, secondo te abbiamo offeso Darryl? Oppure pensi anche tu che il nostro Duro di periferia ha un segreto che non vuole dividere con noi?»

«Tutti abbiamo i nostri scheletri» rispose Rinaldi, stando al gioco.

«Già. Ma quello di Darryl è uno piccolo piccolo in una stufa a legna.» Rivolto a Tyree.

«Io non ho fatto niente a Tamela.»

«Cosa è successo al bambino?»

«Il bambino è morto.»

«E la stufa sembrava il posto migliore per seppellirlo, vero?»

Un altro calcio al terreno.

«Perché mi tenete qui in questo modo?»

«Ci dispiace moltissimo, Darryl. Ci rendiamo conto che questo piccolo contrattempo potrebbe ritardare la tua riunione con gli Scout.»

Tyree dondolò sui piedi.

«Forse ho qualche giro strano, ma non significa che so qualcosa di Tamela.»

«Qualche giro strano? Ma ti abbiamo trovato addosso crack ed extasy a sufficienza per spedire i miei tre nipoti dritti a Harvard.»

Slidell avanzò di un paio di passi e si fermò con la faccia a pochi centimetri da Tyree.

«Rischi grosso, amico, lasciatelo dire.»

Tyree cercò di indietreggiare, ma la Chevrolet lo tenne intrappolato davanti a Slidell.

«Lo sai quanto durano in galera quelli che fanno fuori i bambini?»

Tyree girò la faccia quanto il collo poteva permettergli.

«Secondo me non più di tre mesi.» Si voltò e domandò a Rinaldi: «Tu che ne dici?».

«Direi che hai ragione. Forse quattro mesi, se sei un duro.»

«Come Tyree.»

«Come Tyree.»

Non riuscii a sopportarli oltre.

«Scusate» intervenni. «Lei sa dove si trova Tamela?» domandai a Tyree.

Tyree alzò la testa e guardò oltre la spalla di Slidell. Per un istante, i suoi occhi incrociarono i miei. Fu solo un momento, ma fu sufficiente a darmi la sensazione di guardare nel vuoto dell'inferno.

Senza parole, Tyree distolse lo sguardo.

«Per favore» dissi. «Lei è ancora in tempo per non peggiorare la situazione.»

Tyree oscillò sulle gambe, e scrollò le spalle con aria di dire: «E chi se ne frega».

Un pensiero terribile continuava a tormentarmi. Tamela e i suoi familiari sono morti. Quest'uomo sa delle cose.

Quest'uomo sa un sacco di cose.

Mentre portavano via Tyree, mi sentii assalire da una terribile sensazione.

All'Istituto di medicina legale, la porta dell'ufficio di Tim Larabee era aperta. Immaginai che si fosse fermato ad aspettarmi. Quando passai, mi chiamò.

«Ho sentito che ti hanno contattata per uno spot dei telefilm di NYPD Blue.»

Entrai nel suo ufficio.

«Si dice che volevi fare una perquisizione corporale a Tyree. Slidell ha dovuto impedirtelo.»

«Slidell non era in grado di impedire niente a nessuno. Per un attimo ho pensato che avesse bisogno del respiratore artificiale.»

«Tyree ha confessato qualcosa di utile?»

«Si dichiara innocente come un fiorellino.»

«E adesso?» domandò Larabee.

«Una volta formalizzato l'arresto, Slidell e Rinaldi vogliono torchiare Tyree e metterlo a confronto con Sonny Pounder.»

«Io punto su Pounder.»

«Ottima scelta. La domanda ora è: che cosa sa Sonny Pounder?»

Larabee assunse l'espressione di un bambino che muore dalla voglia di svelare un segreto.

«Indovina chi abbiamo in frigo?»

Era il modo con cui Larabee si riferiva al soggiorno in obitorio di un deceduto.

«Ricky Don Dorton.»

«Acqua passata.»

«Osama Bin Laden.»

«Molto meglio.»

Lo invitai a parlare con un cenno delle dita.

Quel nome era l'ultimo che mi aspettavo di sentire.

 

30

 

«Brian Aiker.»

Mi sembrò di precipitare nel vuoto, come quando si avvicina la discesa sulle montagne russe.

«Sei sicuro?»

«Il corpo è stato trovato nell'auto di Aiker. Molti elementi di riconoscimento sul corpo. Perfetta corrispondenza con la documentazione odontoiatrica.»

«Ma il cranio, lo scheletro della contea di Lancaster...» balbettai.

«Non è il tuo uomo. E poi che il cranio non fosse il suo si sapeva già. Adesso sappiamo che anche le ossa non sono le sue.»

«Come? Dove?» Ero troppo sconcertata per porre domande più articolate.

«Hanno pescato l'auto in un laghetto del parco nazionale di Crowder's Mountain.»

«Che ci faceva Aiker a Crowder's Mountain?»

«Evitava di fare attenzione alla strada.»

«E ci sono voluti cinque anni per trovarlo?»

«Pare che non sia un lago molto gettonato.»

«Perché adesso?»

«Perché la zona sta attraversando un periodo di siccità, e il livello delle acque è calato. Un bambino è scivolato dall'argine o è caduto dal molo o qualche accidenti del genere. La macchina era a un paio di metri da un ormeggio, e il tetto era a mezzo metro dalla superficie dell'acqua.»

Succede sempre così. Una coppia esce da un ristorante e poi svanisce nel nulla. Due anni dopo la loro Acura viene trovata in fondo al laghetto vicino a casa. Un nonno accompagna i bambini e torna a casa. Il Natale dopo la Honda dell'uomo viene avvistata in un canale di scolo sotto una statale. Una madre lascia il pedale del freno e spedisce la SUV familiare in un bacino idrico con bambini e tutto il resto. Quattro mesi dopo, un'elica urta una parte metallica e le vittime vengono recuperate dal fango.

Migliaia di persone ogni anno guidano, camminano, pedalano o giocano a golf vicino al teatro di un incidente. Nessuno vede niente. Poi, un giorno, d'un tratto qualcuno nota qualcosa.

«I finestrini erano alzati, e l'auto era chiusa a sufficienza per tenere granchi e pesci alla larga» proseguì Larabee. «Aiker non è in condizioni tremende, considerato quanto tempo è rimasto a mollo.»

«Dove?»

Larabee equivocò la mia domanda.

«Sedile posteriore.»

«Il corpo è stato mandato a Chapel Hill?»

Larabee scosse la testa.

«Hanno due patologi in vacanza e uno in malattia. Il capo mi ha chiesto se per favore potevo eseguire l'autopsia qui da noi.»

Annuii distrattamente, la mente sulle ossa che non erano di Brian Aiker. Larabee se ne accorse.

«Intuisco che tutto questo rimescola le carte con il cranio del gabinetto e le ossa di Lancaster.»

«Già.»

«Hai più ricevuto la consulenza che aspettavi?»

«No.»

Larabee attese che riordinassi le idee. E stava ancora aspettando quando il suo cellulare trillò. Esitò un istante, poi rispose alla chiamata.

Io andai nel mio ufficio a riflettere. Ma l'operazione stentava a decollare. Provai ad aiutarmi con un po' di caffè. Nessun miglioramento.

Accesi il portatile e provai a organizzare in byte le informazioni raccolte negli ultimi dieci giorni.

Categoria: LUOGHI. Fattoria Foote. Sito incidente aereo. Contea di Lancaster, South Carolina. Columbia, South Carolina. Parco nazionale di Crowder's Mountain.

Categoria: PERSONE. Tamela Banks. Harvey Pearce. Jason Jack Wyatt. Ricky Don Dorton. Darryl Tyree. Sonny Pounder. Wally Cagle. Lawrence Looper. Murray Snow. James Park. Brian Aiker.

Troppi. Dovevo suddividere.

CATTIVI: Harvey Pearce (morto). Jason Jack Wyatt (morto). Ricky Don Dorton (morto). Darryl Tyree (fermato). Sonny Pounder (fermato).

VITTIME.

Questa categoria non poteva funzionare. Dovevo dividere ancora.

VITTIME SICURE: neonato di Tamela Banks. Proprietario del cranio e della mano trovati nel gabinetto. Scheletro senza testa della contea di Lancaster.

VITTIME POSSIBILI: Tamela Banks e familiari. Wally Cagle. Murray Snow. Brian Aiker.

Tamela Banks e i suoi familiari appartenevano a questa categoria? Erano in pericolo, o si erano semplicemente nascosti?

Il neonato di Tamela era da considerarsi escluso da questa categoria? Era possibile che il bambino fosse morto per cause naturali? Dall'esame delle ossa risultava che il bambino era completamente formato, ma poteva anche essere nato morto.

Il collasso di Cagle era reale, o era stato indotto in qualche modo? Il visitatore sconosciuto di Cagle all'università era lo stesso uomo visto da Looper seduto al caffè? Perché Looper non aveva portato il suo compagno all'ospedale più vicino? Dov'era la consulenza di Cagle sui resti della contea di Lancaster?

Murray Snow era morto per cause naturali? Il coroner della contea di Lancaster stava riaprendo il caso dei resti senza mani e senza testa quando era morto? Perché?

Dorton rientrava in questa categoria? Dorton era morto di overdose. Se l'era iniettata da solo? O qualcuno gli aveva dato una mano?

Non andavo a parare da nessuna parte.

Presi carta e penna e cercai di schematizzare i collegamenti. Tirai una riga da Dorton a Wyatt e ci scrissi sopra MELUNGEON. Poi proseguii fino a Pearce, e scrissi la parola CESSNA sui tre nomi.

Collegai Tyree a Pounder, chiamai la riga FATTORIA FOOTE, proseguii fino alle parole «cranio del gabinetto» e poi fino al nome di Tamela Banks.

Quindi collegai Tyree alla riga Dorton-Pearce-Wyatt, e scrissi COCAINA.

Disegnai un triangolo fra Cagle-Snow-resti di Lancaster, poi lo collegai al cranio del gabinetto della fattoria Foote. Da lì tirai un'altra riga e aggiunsi due punti per le ossa degli orsi e le penne degli uccelli, li unii al nome di J.J. Wyatt, ne tirai un'altra e all'estremità scrissi i nomi di Brian Aiker e di Charlotte Grant Cobb.

Osservai la mia ragnatela di nomi e di righe che si intersecavano.

Stavo cercando di correlare eventi privi di rapporti? Di correlare persone e luoghi disomogenei? Più riflettevo, più mi sentivo frustrata per le poche informazioni in mio possesso.

Tornai al computer.

VITTIME POSSIBILI: Brian Aiker.

All'agente dell'FWS scomparso non si potevano attribuire né il cranio né lo scheletro di Lancaster. Aiker era finito fuori strada ed era annegato in un lago. Stavo cancellando il suo nome dall'elenco delle vittime possibili, quando un pensiero mi fermò. Perché Aiker era stato trovato sul sedile posteriore?

Spinsi indietro la sedia e andai a cercare una risposta.

Larabee stava lavorando nella sala autopsie piccola, quella con l'impianto di aerazione più potente. Appena entrai, ne capii subito la ragione.

La pelle di Aiker era a chiazze olivastre e marroni; gran parte del tessuto molle aveva già assunto un aspetto simile a quello della carne saponificata. L'esposizione all'aria non migliorava la situazione.

Ciò che rimaneva dei polmoni di Aiker era stato sezionato e posato su una tavoletta di sughero in fondo al tavolo anatomico. Altri organi in decomposizione aspettavano sulla bilancia.

«Come procede?» domandai, cercando di non respirare troppo.

«Vasta formazione di adipocera. I polmoni collassati e putrefatti. Liquami putrefattivi nelle vie aeree.» Larabee sembrava deluso almeno quanto me. «Gli spazi all'interno delle vie aeree sembrano dilatati, ma questo potrebbe essere dovuto alle bolle d'aria.»

Attesi che Larabee strizzasse il contenuto dello stomaco in un vaso e che passasse il reperto a Joe Hawkins.

«Annegamento accidentale?»

«Non trovo niente che possa indicare altrimenti. Le unghie sono rotte, e si direbbe che le mani siano escoriate. Il poveretto deve aver lottato per uscire dalla macchina, probabilmente ha tentato di spaccare i finestrini.»

«C'è modo di stabilire con esattezza se la causa di morte è l'annegamento?»

«Ardua impresa, dopo cinque anni a mollo. Potremmo fare l'esame delle diatomee, immagino.»

«Diatomee?»

«Sono microrganismi che si trovano nel plancton, nell'acqua dolce e nei sedimenti marini. Esistono dalla notte dei tempi e in quantità esagerata. Anzi, alcuni terreni sono formati interamente da queste bestioline. Hai mai sentito parlare di farina fossile?»

«Mia sorella la usa per filtrare la piscina.»

«Esattamente. È una sostanza sfruttata commercialmente per materiali abrasivi e dispositivi di filtraggio.»

Larabee continuò la sua spiegazione e intanto aprì ed esaminò lo stomaco di Aiker.

«È molto bello osservare le diatomee alla lente di ingrandimento. Sono splendide conchiglie di silice in forme e configurazioni di ogni tipo.»

«Ricordami che cosa c'entrano queste diatomee con l'annegamento.»

«In teoria, alcune acque contengono alcuni generi di diatomee. Quindi, se trovi diatomee nell'organismo, la vittima è annegata. Alcuni patologi forensi ritengono addirittura che si possa collegare una vittima a specifici bacini d'acqua.»

«Tu non sembri convinto di questo.»

«Alcuni miei colleghi danno molta importanza alle diatomee. Io no.»

«Perché?»

«Perché le persone ingeriscono le diatomee.»

«Se potessimo trovare le diatomee nella cavità midollare di un osso lungo, non potremmo concludere che sono arrivate fin lì per l'attività della pompa cardiaca?»

Larabee rifletté qualche istante.

«Sì. Probabilmente si potrebbe.» Puntò il bisturi verso di me. «Faremo il test su un femore.»

«Potremmo anche far esaminare un campione dell'acqua del lago. Se trovano le diatomee nel femore, si potrebbe procedere a una comparazione.»

«Ottima idea.»

Attesi che Larabee tagliasse l'esofago per il lungo.

«È significativo che Aiker sia stato trovato sul sedile posteriore?»

«Il peso del motore potrebbe aver mantenuto l'auto in posizione verticale con la parte posteriore verso l'alto, lasciando l'ultima bolla d'aria tra il lunotto e il tetto. Quando le vittime non riescono ad aprire le portiere, strisciano dietro per riuscire a respirare il più a lungo possibile. O talvolta il cadavere fluttua verso la parte posteriore.»

Annuii.

«Ovviamente procederemo con lo screening tossicologico. E la Scientifica sta già analizzando l'automobile e l'ormeggio delle barche. Io comunque finora non ho trovato niente di sospetto.»

Gli abiti e gli effetti personali di Aiker stavano asciugando sul piano di lavoro. Mi avvicinai per dar loro un'occhiata.

Era come condensare l'ultima mattina di Aiker sulla terra in pochi pezzi coperti di fango.

Boxer. T-shirt. Camicia a maniche lunghe a righine bianche e blu. Jeans. Calzettoni di spugna. Adidas. Giaccone nero con cappuccio e imbottitura.

Aiker si era infilato prima le calze o i jeans? I pantaloni o la camicia? Provai una grande tristezza per quella vita finita così improvvisamente.

Accanto ai vestiti c'era il contenuto delle tasche.

Pettine. Chiavi. Coltellino svizzero. Ventitré dollari in banconote. Settantaquattro centesimi. Portafoglio con tesserino dell'FWS e documento di identità. Porta carte di credito in pelle. Da dove, oltre alla patente di guida del North Carolina, Hawkins aveva estratto una tessera telefonica per chiamate internazionali, una tessera Cliente Abituale della US Airways e due carte di credito: una Visa e una Diner's Club.

Infilai un guanto sulla mano destra e sfiorai la fotografia della patente. Gli occhi castani e i capelli biondo cenere erano molto distanti dalla grottesca distorsione che giaceva sul tavolo anatomico di Larabee.

Mi sporsi in avanti, e studiai quel viso, chiedendomi che cosa facesse Aiker vicino a un molo a Crowder's Mountain. Sollevai la patente e la voltai.

Aderente al retro c'era un'altra carta. La staccai con l'unghia del pollice. Una vip card dei supermercati Harris and Teeter. Posai la carta sul piano di lavoro e osservai di nuovo la patente.

Trattenni il respiro.

«Dietro la patente, c'è attaccato qualcosa» dissi.

I due uomini si voltarono verso di me. Presi un pinza da dissezione dal cassetto e staccai un foglio dal rettangolo di plastica.

«Sembra un foglio piegato.»

Sempre con le pinze da dissezione, sollevai un angolo del foglio e aprii un primo strato. Quindi sollevai quello successivo e il foglio rimase aperto sul ripiano. Benché sbiadite e sfumate, alcune lettere erano ancora visibili.

«È un biglietto scritto a mano» dissi, posando la carta su un vassoio per portarla sotto il microscopio a fluorescenza. «Forse è un indirizzo, o un numero di telefono. O delle indicazioni stradali.»

«O le ultime volontà, o un testamento» disse Hawkins.

Larabee e io lo guardammo.

«È più probabile che si tratti di una lista della spesa» disse Larabee.

«Il tizio potrebbe aver scritto qualcosa e poi averlo infilato tra due carte di plastica, pensando che non si sarebbe rovinato.» Hawkins sembrava sulla difensiva. «Caspita, dev'essere successo esattamente così. La carta è rimasta protetta dall'acqua perché era sigillata tra due strati di plastica.»

Hawkins se ne intendeva quanto a modalità di conservazione.

Mentre montavo la luce che circonda la lente, Hawkins e Larabee mi raggiunsero. Insieme, guardammo la scritta sotto la luce e la lente di ingrandimento.